APPUNTI E NOTE PER FRANK POPPER
Renato Carnevale
La mia ricerca trae origine (verso il 1964) dalla esigenza di dare un impulso di rinnovamento alla scultura, che, al contrario della pittura - che ha avuto attraverso i tempi varie mutazioni nelle forme di espressione ed è passata, come è noto, attraverso varie fasi dettate dal bisogno di modificare il proprio linguaggio - è rimasta quasi ferma nelle sue espressioni e soprattutto, pur essendo tridimensionale e nello spazio, ben raramente ha potuto esprimere il concetto di spazio stesso. La sua posizione di vantaggio sulla pittura attraverso la sua tridimensionalità si ferma a questa e non riesce ad enucleare il concetto di spazialità unito a quello della dimensione temporale.
Mi sono quindi proposto di esprimere con un mio proprio linguaggio il concetto astratto di tempo e di spazio, che costituiscono la 4a dimensione.
Per comodità di espressione ho considerato la dimensione spazio-temporale come se fossero due dimensioni distinte : 4a lo spazio, 5a il tempo.
SPAZIO
Partendo dal concetto che non vi è moto senza spazio (e questo è facilmente esemplificabile facendo ricorso al moto reale di una persona attraverso una stanza per raggiungere le opposte pareti) e che non vi è luce senza spazio (la luce infatti in fisica viene descritta (teoria ondulatoria) come una successione di onde che si propagano nello spazio e che quindi non esisterebbe se non esistesse lo spazio) ho pensato che se si dà allo spettatore la sensazione di un moto - sia pure virtuale - si può fargli prendere coscienza della esistenza dello spazio.
Per fare ciò proietto su delle «forme», fissate su di un pannello rigido che fa da sfondo, una luce che ruota e che crea da parte delle forme delle ombre che si muovono. Lo spettatore, abituato a vedere che un’ombra si muove perché è l’oggetto che la genera che si muove, per un procedimento di ricostruzione mentale vede muovere le forme (fisse) ed è quindi spinto - attraverso il moto - a prendere coscienza dell’esistenza dello spazio.
(Note : rappresentazione dello spazio in pittura : prospettiva, attraverso il colore Piero Della Francesa, attraverso le forme, Paul Klee, andando oltre la tela, Lucio Fontana, etc...)
TEMPO
In pittura si è cercato da sempre - sia pure in modo inconscio - di esprimere il concetto di tempo sia prendendo in esame «storie» o «cicli» che si svolgono in un arco di tempo, storie rapprensentate attraverso una successione di quadri (vedi Giotto, la vita di Gesù, le storie di S. Franceso, Vittore Carpaccio nella vita di S. Orsola, che viene rappresentata da giovinetta che và incontro, all’imbarcadero, al proprio fidanzato, poi come sposa e madre, sino al momento del suo martirio), sia proponendo allo spettatore dei simboli che convenzionalmente rammentino il concetto del tempo. Infatti nella pittura moderna si notano sovente dei simboli eguali o simili che, messi uno accanto all’altro in successione (verticale od orizzontale), per la loro «lettura» successiva fanno impiegare una frazione, sia pur minima, di tempo e quindi esprimono convenzionalmente il tempo.
Io invece, trovando tale modo di esprimere inadatto e ripetitivo in scultura, ho pensato addirittura di «materializzare» il tempo. A ciò mi è servito il ricordo di quando - da ragazzo- mi allontanavo di poco, dalla città e nel silenzio e nella quiete (Allora!) della campagna circonstante udivo il rintocco di una campana che - secondo le usanze del Meridione d’Italia - scandiva le ore o ricordava il mezzogiorno, o - verso l’imbrunire- l’Avemaria o la sera prossima. Anche se all’ascoltatore non interessato che ora fosse, questi prendeva coscienza che una frazione di tempo, sia pure convenzionale in cui è suddivisa dagli uomini, la giornata, era trascorsa.
Di qui nelle mie sculture «chronotopiche» i suoi o i gruppi di suoni che scanditi ritmicamente - in estensione NON in accompagnamento del fattore visivo - danno allo spettatore il senso del fluire del tempo. E da notare che l’uso di suoni elettronici dettato e quasi imposto dalla necessità di usare suoni non troppo usuali, che possano suggerire situazioni già vissute o ricordi vari, che distrarrebbero l’ascoltatore, e nello stesso tempo siano, e sono, suoni o rumori che la vita tumultuosa di oggi ci propone (od impone?) ad ogni momento.
Ma oltre dal susseguirsi e del ripetersi dei suoni - che segnano e racchiudono delle pause - il senso del tempo che scorre viene espresso dalle paure stesse perché nella programmazione il ritmo dell’alternarsi delle pause e dei suoni viene ad un certo momento modificato da una pausa più lunga (o più corta) per cui lo spettatore attento, abituato ad un certo ritmo, al modificarsi dello stesso, viene spinto a riportare ordine e quindi a «forzare» il tempo con l’attesa ansiosa del prossimo suono e quindi viene portato a cercare lui stesso un altro tipo di tempo, psicologico, soggettivo, che si aggiunge al tempo reale, oggettivo, materializzato dai suoni. (Vi è, poi un altro tipo di tempo, che io chiamo «interiore» sul quale si può in seguito discutere)
ENVIRONNEMENT
La necessità di ottenere, per una maggiore percezione del movimento delle ombre (e quindi, ripeto, del conseguente movimento delle forme), delle ombre più che possibile nitide, ha imposto la costruzione di un ambiente attorno all’opera stessa per evitare anche la interferenza di altre ombre create da differenti sorgenti luminose. Di qui lo studio e l’utilizzo dello spazio reale al servizio dello spazio «topos» concettuale che promana dall’opera. Lo studio dell’ambiente è stato portato avanti per ottenere condizioni ottimali sia per la percezione visiva, sia per il coinvolgimento psicologico dello spettatore che, in alcuni casi (vedi Milano Galleria Apollinaire, Rimini, Ascoli Piceno, Parigi Grands et Jeunes 1972) per passare dalla visione di un’opera all’altra deve effettuare un percorso semibuio che lo mantiene nell’atmosfera di suggestione creatasi e talvolta (oscurità completa) gli toglie ogni senzazione di spazio e di tempo, senzazione che viene riacquistata alla contemplazione dell’opera successiva. (E risaputo infatti che l’oscurità ed il silenzio producono tale effetto : vedi ad esempio il romanzo Papillon dell’ex ergastolano della Caienna, Herni Charrière, che parla di tale effetto sui reclusi condannati alla successiva punizione dell’isolamento nelle celle buie e quasi insonore).
ALLARGAMENTO E RESTRINGIMENTO dello spazio reale dell’ambiente
Intuizione :
AMBIENTE stretto dà un senso di calore
AMBIENTE largo sensazione di freddo, insicurezza
Sensazione de me provata in tempo di guerra quando bisognava riparare le spalle.
Mettendomi, in un ambiente (vedi ristorante) in un angolo : sensazione di sicurezza, di calore. Nello stesso ambiente e permanendo le stesse condizioni di temperatura ad altro, mettendomi al centro della sala (spazio circostante più grande): sensazione di disagio, di freddo.
Ho pensato quindi (e realizzato, ma mai in esposizioni) di dare la sensazione psicologica di allargamento e restringimento dell’ambiente reale facendo convergere alternativamente, secondo tempi programmati, sullo spettatore fonti di calore e correnti di aria fredda, dando allo stesso in modo psicologico - attraverso questi medium - la sensazione di un allargamento o restringimento dello spazio reale in cui ci si trova.
EFFETTO PSICOSENSORIALE
Constatazione, a conferma, fatta da Pierre Restany in occasione di una mia personale alla Galleria Apollinaire di Milano nel 1971. Tenendo per una estremità, con la punta delle dita, una «forma», possibilmente di quelle più strette e lunghe in modo che l’occhio possa vedere quasi contemporaneamente l’ombra da una parte e dall’altra della forma - e non guardando quasi di lato, l’opera in movimento (virtuale), si ha la netta sensazione che la forma sfugga dalle dita o che, comunque, la propria persona venga a far parte del movimento complesso delle forme.
La sensazione ottica di movimento si trasforma in psicosensoriale.
EFFETTO CHROMOCINETICO
Una forma colorata (disco, quadrato, etc. azzurra, gialla, rossa...) disposta o incollata o dipinta sul pannello di fondo sembra che pure si muova (il movimento psicologicamente è comprensibile se si tratta di forme fissate ma distanziate dal fondo; è più difficile comprenderlo se si tratta di forme che per essere dipinte sul fondo vengono a fare parte del fondo stesso e della sua rigidità). Gradualmente - a seconda delle condizioni visite dell’osservatore, più immediate se questi ha le facoltà visive difettore (miope, astigmatico, etc.) - intorno alla forma colorata si formano delle «lunette», degli aloni in movimento secondo la rotazione della lampada che proietta la luce sull’opera; lunette che ingrandiscono man mano sino a prendere le dimensioni e l’aspetto della forma colorata e si presentano di colore complementare a quello della forma stessa (arancio se azzurro, verde se rosso, violetto se giallo e viceversa, con tutte le rispettive gradazioni a seconda del pigmento che è presente nella forma colorata). Infine la forma di colore complementare si disloca variamente su tutta l’ampiezza del pannello di fondo, apparento e scomparendo, variandone il «pattern» visivo e creando quello che io chiamo il Chromocinetismo.
Evidentemente si ratta di reazione ottica che varia da individuo a individuo ed è, come ho detto, dallo stesso percepita subito o più lentamente, o per niente, a seconda dello stato visivo dello spettatore. 1a contestazione: chi ha difetti nella vista recepisce quasi subito l’effetto stesso.
ARTE E SCIENZA
L’arte, per il semplice fatto di utilizzare tutte le innovazioni tecnologiche e scientifiche che le possono essere utili, è debitrice della scienza.
A sua volta però attraverso lo studio dei colori, delle loro giustapposizioni, lo studio delle forme etc. restituisce qualcosa alla scienza ad al «sociale» suggerendo l’uso del colore nelle fabbriche (ambienti di lavoro, di riposo) sulle macchine (prevenzione incendi, facilità di individuazione di parti, di utensili etc.) sulle macchine stesse attraverso il design e così via. Restituisce qualcosa alla scienza attraverso lo studio delle forme, dei colori, del «contenuto», di quadri od altre creazioni eseguite da autori decisamente sconosciuti affetti da turbe psichiche etc.
Nel caso personale potrebbe (dico potrebbe) riuscire a contribuire alla diagnostica della medicina attraverso i risultati della percezione visiva.
In occasione di una mia personale tenuta 4 anni fa a Pisa, ove avevo esposto una mia opera con il chromocinetismo innanzi descritto, mi viene sotto gli occhi un articolo di giornale ove si parlava di un congresso mondiale di IRIDIOLOGIA che si teneva in quei giorni a Firenze. L’iridiologia permette, attraverso l’esame dell’irideo dell’occhio, di diagnosticare ed individuare delle malattie presenti nell’individuo, corrispondendo sezioni dell’iride alle diverse parti ed organi del corpo. Ad ogni macchia che si forma nell’iride o ad ogni deformazione del “settore” in cui questo viene suddivisa corrisponde uno stato patologico nell’organo corrispondente al settore (o all’anello circolare, secondo altra corrente di iridiologi) in questione.
INTUIZIONE
Poiché la percezione visiva si verifica attraverso l’occhio e l’occhio, nel caso dell’iridiologia, rispetta lo stato di salute dell’intero corpo, io ho pensato e penso intuitivamente che questa percezione visiva potrebbe essere anch’essa- adeguatamentte esaminata e studiata - contribuire ad un tipo di diagnostica collaterale et ausiliare della medicina.
Ho iniziato pertanto ad eseguire delle prove tipo “Test” con alcuni spettatori ai quali ho consegnato la riproduzione dell’opera chromocinetica di fronte alla quale si trovavano.
Dopo un periodo di tempo eguale per tutte le prove, ad un mio ALT ciascuno doveva segnare sul proprio disegno il punto od i punti dove per ultimo aveva notato le forme di colore complementare.
Ovviamente la dislocazione dei segni si diversifica a seconda degli spettatore (dei quali in precedenza si è annotata l’età, il sesso, le malattie infantili, quelle pregresse e quelle eventuale in atto, lo stato della vista, etc.)
Una ricerca di massa e condotta con criteri scientifici potrebbe, dico potrebbe con un senso di speranza, portare a risulati utili ed accettabili.
La mia ricerca non vuole essere una presuntuosa affermazione od una ricerca verso una meta ambiziosa, ma una indicazione ad operare per coloro che, più preparati di me, potrebbero interessarsi a questo campo di indagine per portare, se possibile, un contributo al progresso ed al benessere della società.
COLORE COMPLEMENTARE
Ricerca
Attualmente (dal giugno 1984) conduco una ricerca sul colore complementare, che appare proiettato sulle mie “strutture Cronotopiche” dei fasci di luce colorata. In questo caso il colore complementare (o “ricostruzione successiva”) non è immaginario come quello che si verifica nella ricerca Cromocinetica - bensì reale ed è possibile rivelarlo con mezzi fotomeccanici quali macchine fotografiche e mezzi di ripresa televisiva.
La individuazione del fenomeno, alla cui spiegazione mi dedico sperimentalemente da diversi mesi, ha già interessato critica e esperti di fisica ottica e del colore (è stato presentato nel maggio del 1985 al Congrès Mondial de la Couleur di Montecarlo).